Flessibilità e autonomia nella scelta degli orari e degli spazi di lavoro. In una parola “Smart Working”, il nuovo modello organizzativo già largamente diffuso nel mondo ma che in Italia riguarda ancora solo l’8% delle imprese.
Di cosa si tratta esattamente? Che differenza c’è dal cosiddetto “telelavoro”? Energie Sensibili lo ha chiesto ad un esperto, il prof. Mariano Corso, Responsabile dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
“Ciò che definiamo telelavoro – chiarisce immediatamente Corso – è quanto di più lontano dall’oggetto dei nostri studi poiché anche se si lavora da casa si tratta di un’attività strettamente legata ad orari e spazi prefissati. Lo Smart Working invece è una vera e propria filosofia manageriale innovativa, che ha a che fare prima di tutto con l’autonomia e la responsabilità del lavoratore”.
RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI E AUMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ
Prima che dal dipendente, infatti, il concetto di Smart Working deve essere compreso e attuato dalla classe manageriale, che deve mettere al primo posto il raggiungimento degli obiettivi.
Oggi i dispostivi mobili di ultima generazione -tablet e smartphone- la diffusione della banda larga e delle connessioni wi-fi, i social network e l’utilizzo del cloud per il trasferimento e l’archiviazione delle informazioni rendono già possibile questo approccio lavorativo ma si tratta per lo più di “strappi alla regola”.
“Lasciare che i propri collaboratori individuino autonomamente i luoghi, i tempi e gli strumenti con i quali essere più produttivi – spiega l’esperto – li responsabilizza e li incentiva a fare di più e meglio. Spesso la necessità di orbitare intorno a un luogo di lavoro fisso e “farsi vedere” quotidianamente dal proprio superiore si traduce in uno spreco di ore lavorative e di energie che potrebbero essere impiegate in altro modo”.
Secondo le stime dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, l’adozione di modelli di lavoro Smart in Italia potrebbe aumentare la produttività delle aziende per un valore di 27 miliardi di euro e ridurre i costi fissi di 9 miliardi di euro.
RIPENSARE L’UFFICIO
Il futuro consisterebbe, dunque, nell’abolizione dell’ufficio come luogo di lavoro? “In realtà – sottolinea Corso – questo spazio rimane un centro operativo e di incontro importante per l’impresa, ma deve essere ripensato per venire incontro alle esigenze degli “Smart Workers”. Non più grandi open space indifferenziati per tutte le attività: occorrono da una parte luoghi deputati alle riunioni e ai brainstorming, dall’altra ambienti più isolati per concentrarsi o effettuare telefonate importanti o videoconferenze”.
Non è necessaria ovviamente una postazione per ogni lavoratore e in genere un ufficio smart riduce gli spazi inutilizzati di circa il 40-50%.
PMI E COWORKING
In Italia la diffusione di modelli di lavoro smart riguarda ancora una percentuale molto bassa di imprese, quasi tutte multinazionali. “Questo – tiene a sottolineare Corso – non dipende dalle risorse economiche disponibili ma dall’influenza di interlocutori di paesi esteri, in cui lo Smart Working è già largamene utilizzato. Eppure sono proprio le pmi che oggi otterrebbero i maggiori benefici in termini di produttività, soprattutto rispetto ai concorrenti internazionali”.
Oggi la diffusione del lavoro smart tra le piccole e medie imprese viene favorito dalla parallela attività di Coworking da parte di aziende che mettono a disposizione “a ore” spazi e strumenti per il professionista, dal fax alla connessione wi-fi, fino al videoproiettore per piccole presentazioni.
“L’utilizzo di questi spazi temporanei – conclude Corso – sta mostrando quali potrebbero essere i vantaggi di un modello esteso di flessibilità, che può essere attuato non solo in strutture di Coworking ma anche a casa, in viaggio, nella sede della propria Azienda o presso i clienti. Bisogna solo cambiare mentalità”.